Poetica

Nel corso della mia ricerca artistica mi sono spesso domandata fin dove potessi spingermi, quanto potessi rischiare e mettere in gioco non solo la mia espressività ma anche l’azione creativa del pensiero, se frutto di un ragionamento o semplicemente di un’ intuizione rivelata.

Il mio operare è sempre stato parte integrante di un dialogo intimo tra me e le cose del tempo: sono nate delle forme dall’incontro di luoghi conosciuti, immagini dei miei ricordi.

Così come ogni luogo può essere visto e rivisto più volte, dipingo ciò che sento  e riscopro con occhi nuovi il mondo e la realtà.

Dominata da un desiderio di immaginare, reinvento le cose del tempo, seguendo l’ispirazione più libera dei miei pensieri.

Attraversare con lo sguardo il mio visibile significa dar luce ai colori che svelano le forme del mio immaginario; significa poter toccare con mano la poetica del mio lavoro.

Aprire un cassetto e vedere un’immagine che non sia una fotografia è come custodire dentro la “Scatola dei ricordi” tanti fotogrammi che raccontano di un tempo atteso e sognato.

Se dapprima segnavo il “confine” con le cose esistenti, la mia ricerca ha assunto nel tempo un valore sempre più marcato: ho delineato così scenari ai miei pensieri che non avessero fine, perché raccogliessero luce e donassero armonia.

In questo modo ho raffigurato le forme astratte del mio inconscio che vedo al di là dell’orizzonte: i paesaggi della coscienza.

Nel corso degli anni ho sentito il bisogno di evadere e sciogliere quella fitta rete di segni sottili e infiniti, trasformando il segno in azione, rivelando così la libertà di un gesto più espressivo e diretto al mondo.

E’ nata l’opera “Ferita” che ho esposto dall’8 febbraio al 26 febbraio 2012 a Palazzo Medici Riccardi a Firenze.

Ho raccolto piccoli frammenti e li ho “uniti” in momenti e attimi di vita incisi e racchiusi in un unico gesto, estremamente vitale.

L’evento espositivo sui “ I nidi” tenutasi in Galleria Accademia Contemporanea Off Brera dal 28 giugno al 7 luglio 2012 è frutto di una ricerca artistica lenta e meditata: conoscere il mondo interiore di un nido è come approdare su un’isola tanto cercata, quanto sconosciuta.

Nel nido l’origine della vita non è intesa come semplice lavoro autobiografico, ma significa riemergere da un luogo dove ognuno può sostare, soffermarsi col pensiero e poter annidare brevi ricordi o lunghi attimi che parlino della pienezza di vivere e dialoghino con il mondo.

La materia organica, il pigmento, l’intreccio di questi segni ,come i rami degli alberi, sono la pelle che riveste il corpo di un nido.

Vedere e toccare un nido è come rompere il guscio di una noce e scoprire col cuore i nostri sentimenti più profondi.

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